Che dicin vell'artri, di noi lucchesi


Ch'è lucchese, un ce l'ha scritto in fronte
ma basta guardallo ben come si move,
è aggrassiato da parè un bisonte,
deli'ato come contadino tra le ghiove.

Geppe nella su “Letia a Pontetetto”
lo vidde fooso sì, ma quanto basta,
prudenza assai diffusa, giù appietto,
e di ciance te ne vende na catasta.

Devoto ar Vorto Santo e Santa Ssita,
lù, di vespri e messe si fa orgoglio,
per la famiglia è pronto a dà la vita
basta che un si tocchi ir portafoglio.

S'accosta molto spesso a' sacramenti,
non manca mai di fa' la comunione,
è nella compagnia dei “paramenti”
per fa' in prima fila un figurone.

Da bon cattolico fa bene la su parte,
d'intorno alle sottane de' prelati,
po' ar bare gioando co l'amici a carte,
stiaccia 'n corbello di moccoli e sagrati.

Integerrimo padre di famiglia,
vive la sua vita con baldanza,
pie e sante, vole moglie e figlia,
mentre lù è a letto co' la ganza.

La carità la fa, basta gosti pogo !
L'elemosina pure, ma andianci piano,
dove un c'è risparmio un trova sfogo,
qualsiasi altro argomento è solo vano.

La sua parsimonia è proverbiale
tacciata troppo spesso è d'avarissia,
per lu spende è come fusse un male,
e il sol pensiero di pagà, l'asfissia.

Pare che un giorno un lucchese,
fu invitato da un amico al bare,
Vieni si beve ! Disse costui cortese,
ma lui temendo di dover pagare:

Un ho sete ! Rispose co'un fil di voce.
E l'altro ancora: Dai ch'è già pagato !
Allora il lucchese tosto e veloce:
Toh, aveo sete, e me l'ero già scordato!

Sempre per qualche birba diceria,
sembra che un lucchese morente,
ormai del trapasso in sulla via,
avesse accanto al letto la su gente.

La moglie vicina triste e mesta,
coi figli che ni tenevino la mano,
e lù chinando un po' la testa,
fissava un punto ormai lontano.

Sentendo lì tutta la famigliola,
che stava al completo a lui vicina,
con un soffio disse alla figliola:
che ci fa la luce accesa là'n cucina?

Politicamente è democristiano,
proletario-simpatizzante-comunista,
colla destra è mano nella mano,
e di nascosto tesserato socialista.

Sportivo tifoso, alla malattia,
lo rionosci bene anco da lontano,
i tifosi dell'artre squadre, sia chi sia,
li sopporta, però basta un sia pisano.

Ha il chiodo fisso dell'economia,
pensate che voleva anco inventà,
con la scusa dell'ecologia,
una carta igienica da riutilizzà.

Nomea di tirchio s'è guadagnata,
lo cantin perunfino i Viareggini,
perché sembra che vagghi alla sfilata,
co' coriandoli legati co' gommini.

Per lù, il vin lucchese non ha uguali,
è il meglio che si trovi sul mercato,
po' quando a casa ha de'commensali,
dice ch'è Chianti perché più è rinomato.

L'oglio po' delle nostre colline,
è sempre a declamanne qualità,
ma se poi vai a vedé le sù cucine,
è di sanza perché vole risparmià.


E badate non lo fa per cattiveria,
ma è quella tirchiaggine dannata,
che trasforma ogni sua materia
in ricerca di spesa più oculata.

Sembra che tanti in lucchesia
d'una mano, siano mancanti,
forse è una strana epidemia,
che n'ha contagiati così tanti?

Se n'accorge ben chi se ne intende
quando è il momento di pagà,
ha normale vella man che prende,
ma ni manca giusto 'vella che dà.


Del resto un vecchio e antico detto,
vole che per l'ossession' di risparmià,
il lucchese viva in modo maledetto,
e che non mangi per un dové cacà.!

Io però vò risponde a questo massacro:
di noi lucchesi, dicin male veramente
ma un' ho niente, davero di più sacro
della mì Lucca e della sù brava gente.


Basta guardà le città d'intorno:
Pisa, Firenze, Pistoia senza contà
la Spezia, Massa e po' Livorno,
meglio di Lucca o'n dù la voi trovà ?

Allora mi tengo, le mì belle mura,
e Lucca con tutto il su vecchiume,
per la tirchiaggine troveran la cura,
e chi ci sfotte!? Che si butti in fiume !