La beve il serpente e la beve Dio,
la posso beve anch’io..!

A me m’è sempre garbo andà a giro per i boschi. E un giorno, era d’istate e ero in vacanza in un posto che ‘un vi posso dì, (doppo capite perché) appena mangiato andetti a fà una girata in un bosco non lontan da casa. Faceva cardo, ma sotto le piante, lì ner bosco ci stavo davero bèn. A sue e a giue guardavo le piante, i fiori, ciortellore; ascortavo l’uccelli cantà, e davo un’occhiata anco se ci fusse magari quarche fungo, e camina camina, mi trovai dall’artra parte della macchia. Ero a un par di chilometri da casa, e siccome cominciavo avè sete, forse anco per il mezzo chilo di ciccia salata che m’ero sgranocchiato, comincia a sentì ir bisogno d’acqua fresca. C’era un rio, e l’acqua era chiara, ma io sono schizzignoso e anco se una vorta, quando avevino sete, e c'era solo il rio, prima di beve, con un dito facevino dei cerchi nell'acqua e dicevano "La beve il serpente e la beve Dio, la posso beve anch'io " a me, beve l’acqua dove notino i boddacchini, proprio ‘un mi ci diceva. Se pensate che io ‘un beo neanco ner bicchiere che ci ha beuto la mi moglie, figuratevi se avrei beùto l’acqua der rio. Fu guardando l’acqua che mi riordai che ero vicino a in dù stava un pastore che conoscevo ben, pensai che se andavo da lù, un bicchier d’acqua me l’arebbe dato. M’avvicinai alla casa e ir can, chi mi onosceva, cominciò a scodinzolà, appena mi vidde. Davanti ‘asa c’era un casin, che ‘un potete neanco immaginà. A parte l’udore delle peore dall’ovile attaccato alla casa, c’era anco ir mucchio der pattume proprio in sur davanti, c’erino attressi da tutte le parte, sucche, pomodori, succhini qua e là per tèra; sul trattore c’èrino appollaiate l’anatre e un vi dio com’èra conciato ir sedile… sapete l’anatre l’han sempre pronta e un van di certo ar gabinetto… Da una cinquecento giardiniera che aveva lo sportello di rieto aperto, si vedeva spuntà un culo di maiale che s’era addormento e siccome l’animale doveva pesà armeno un paio di ‘vintali, la cinquecento aveva la marmitta guasi in tera e ir muso su ritto sembrava in fase di decollo. M’avvicinai alla porte e chiamai:
- Tonooooo… ci seiii? -
Drento sentitti una voce di donna che diceva:
- Svegliti Tono.. ti cerchino..! -
Rispose un grugnito sordo e una voce tutta arughita:
- Chi è? -
Son io, son Domenio ir genero di Catèra…! -
Ohhh entra entra, vieni drento che fora fa cardo.. ! -
Entrai, ma mi ci vorsen un par di minuti per abituammi all’ombra della stanza. Mi fece accomodà su una seggiola da duve aveva scaccio ir gatto che sgranocchiava un’osso di pollo. Io un guardai neanco se era unta, tanto avevo i carsoni che me ne servo per andà n’e boschi, se si ungevino era mar di pogo. Però mi toccò scotela perché una schiezza d’osso fra un po’ mi si conficca ner di dietro.
- O moglie ! - disse Tono - Versini un po’ di vin, che deve avè sete! -
Fu quando guardai ir fiasco sur tavolin, che viddi i dù polli che beccavino ner piatto, l’avanzi der pranzo. La donna con una manata ne scacciò uno, po’ prese uno de’ dù bicchieri che erino serviti a loro due, e fece per versacci il vino. La fermai prestamente e ni dissi che io ero astemio, che un si scomodasse, che stavo bèn così. A dire il vero avevo una sete da stiantà, però beve in un bicchiere che un era neanco lavato.. piuttosto morivo di sete..
- Ti do’ un po’ di latte fresco lo voi? -
E così facendo apritte un’armadietto. Appena aperto l’uscetto, si viddeno scappà fora una ventina di scarafaggi grossi come vitelli. C’o una mano strappò una paio di ragnatele e po’ prese una secchiello di latte e lo misse in sulla tavola scacciando anco l’altro pollo he beccettava mezzo pane che era rimasto dal pranzo. Sul latte galleggiavino de cosi neri che dopo viddi che erino fili di fieno o paglia. E intanto il marito chiacchierava, mi domandava della sociora, della mì moglie, io rispondevo a monosillabi, avevo da controllà quer che faceva la sù donna. Prese un rumaiolo e fece per cavammi un po di latte, ma io la bloccai ar volo e dissi:
- Senti, sto male d’intestino in questi giorni e il dottore m’ha ditto Niente latte.! -
La donna sorise con un dito chiappò la lessora di grasso sulla superficie del latte, la tirò fora dar secchiello e tutta grondante se la portò alla bocca, sbrodolandosi tutto ir vestito e anco drento la scollatura. Schioccò la linngua compiaciuta e si dette una pulita alla bazza tutta latte cor dorso della mano e disse:
-‘Un sai ‘vello che ti perdi..! -
- Mi piacerebbe tanto… ma sai ir dottore…! -
Tono m’interruppe..
-Se stai a sentì i dottori... sei belle e ruvinato… en tutti sudicioni.. ! -
Lé riprese ir secchiello e lo rimisse nell’armadio. S’arsò e andò in cucina, sentitti un casin di ciottori e piatti, tornò co una caraffa d’acqua che aveva un colorin che un mi piaceva nulla. Sembrava ci fusse venuta la belletta. Con dù dita prese ir bicchiere sur tavolino, ma le dita, una l’aveva di fora ma l’artro l’aveva di drento, e era ancora tutto bagnato di latte. Po’ senza neanco scolà ir fondo di vin rosso che c’era lo riempitte fin all’orlo.
- Ecco ! -
Fece porgendomi il bicchiere tutta fiera. Lo presi e l’appoggiai in sur tavolino. E Tono continuava a chiacchierà a raccontammi di peore, di vipere e funghi. Io un sapevo come fà, avevo sete, ma di beve…? Piuttosto morto…! Ma il fatto era che ora che avevo l’acqua lì davanti, ‘un sapevo come fa per non bella. Solo a pensà di mette le labbra ar bicchiere mi si rivortavino le budella come un carsino.. Penso che l’acqua nella pila dello stallino era più pulita. Allora per cercà di distrallo, cominciaia a fanni io le domande e loro due che s’accanivino a spiegammi vella ‘osa e po’ vell’artra… Po’ successe ir miraolo. Fora in sull’aglia si sentitte un gran trambusto. Tono corse fora seguito dalla moglie. E io di rieto, non prima d’avè chiappo ir bicchiere via con me. Ir maiale s’era addormentato proprio in pissio in pissio sur dietro della machina e la cinquecento forse senza ir ferno a mano era rincula fin contro ar trattore, l’anatre spaventate erino vole via, il portellone s’era chiuso e ir maiale era rimasto rinserato drento. L’animale s’era sveglio e faceva dondolà tutta la machina. In tutta vella confusione, versai l’acqua der bicchiere in un vaso di fiori che ormai s’erino seccati male un ni faceva.
Appena la osa tornò alla normalità. Ringrassiai mille vorte per il bicchiere d’acqua fresca.. O te..! Un me ne voleva dà un’artro..? E io a dì che stavo ben così.. che un si preoccupassino. Li salutai prestamnete e po’… via…!

E la sete? …. Voartri, ‘un potete neanco immaginà, come fu bona l’acqua del rio… con o senza boddacchini.

 

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